camera a gas auschwitz

GIORNO DELLA MEMORIA: STORIA DI UNA NEONATA CHE NON VOLEVA MORIRE

Spread the love

E poi un rumore, quasi un lamento.

“No, non può essere! Deve trattarsi d’aria…” pensa quel ragazzino, poco più che un bambino,  che chiameremo Paolo.

In fondo capita spesso che “sgancino”di brutto.

Soprattutto quando la stanza è così piena, come oggi. Sono così ammassati come sardine che anche quando muoiono restano in piedi. Mica cadono a terra!

Quando poi si apre la porta e vengono tirati fuori uno a uno – “Tu lo prendi per le braccia, io per i piedi ok?” –  la posizione da eretta passa a orizzontale, l’addome si piega e l’aria di stomaco e intestino comincia a muoversi.

Il tempo di ammassarli l’uno sopra l’altro ed ecco che comincia il gran concerto!

Paolo ormai ci ha fatto l’abitudine. Alla morte no però. A quella non si abituerà mai. L’altro giorno tra le mani gli è pure capitato lo zio. Ha fatto fatica a riconoscerlo perché pesava almeno una trentina di chili in meno rispetto all’ultima volta che lo aveva visto. Poi quella voglia sulla fronte.

Sì, era proprio il fratello di sua madre.

“Chissà come sta la mia mamma” si ferma a pensare Paolo.

 “Muoviti Paolo o vengono qui e ci fanno il culo” lo ammonisce il suo compagno, anche lui può avere 13 anni, forse 14…

Così, il ragazzo inforca le forbici e comincia a tagliare. Il suo compito non è quello di trasportare i corpi fuori dalle camere a gas. Lui di “lavoro” taglia i capelli ai cadaveri. Chili e chili di capelli che poi diventeranno parrucche per le donne tedesche da indossare in qualche occasione speciale. Magari a un prima teatrale dove sarà presente il Führer? Sai che figurone!

(Ma signora, non le fanno schifo i capelli di un’ebrea?)

 Poi di nuovo quel lamento.

“Hei, ti dico che l’ho sentito!” dice di nuovo Paolo al suo “collega” il cui incarico invece è di  rimuovere dentiere e ponti.

“Sì, hai ragione! Questa volta l’ho sentito anche io e non era una scoreggia”.

I due cominciano a smuovere i cadaveri, alzare braccia che pesano come macigni, guidati da quel mugolio sempre più vicino. Fino a quando la trovano.

E’ un miracolo.

E’ viva.

E’ nuda come tutti gli altri e fuori fa un freddo cane.

(…e poi chissà perché una volta faceva più freddo, vero?)

La bambina piange, si dimena. Difficile dire quanti mesi abbia…cinque? Forse sette?

Cavoli se è arrabbiata!

Ma ne ha tutte le ragioni: non esce più il latte! La trovano che è ancora attaccata al seno. Lei continua a ciucciare, a tirare.Tira e tira, più forte che può. Ma nulla, non succede nulla.

La sua mamma è morta e il latte si è fermato.

(Poi è latte avvelenato, meglio così dai!)

Quel seno l’ha salvata dalla camera a gas.

I neonati sono più resistenti si sa. Certo la sua mamma non lo avrebbe mai immaginato mentre la stringeva a sé per quell’ultima volta. Non vedeva la sua piccola perché nella stanza la luce era spenta, tutto era buio, ma certo la sentiva: Dio come ciucciava avidamente, quasi non si fermava nemmeno per respirare!

Allora Paolo la prende in braccio e la porta al soldato delle SS.

“Signore, questa bambina è ancora viva. Era ancora attaccata al seno della madre”.

Il soldato non crede ai suoi occhi. E’ davvero incredibile quello che è appena successo.

“Cosa devo fare signore?” chiede Paolo con lo sguardo chino.

Che domande? La “soluzione finale” parla chiaro: sterminare la popolazione ebrea tutta, senza eccezioni.

Così il soldato prende la pistola e, senza esitazione, la lancia in aria e mira alla testa della neonata.

Così come se stesse sparando a un piccione, preme il grilletto.

“Muori schifosa!” urla la guardia.

Poi la getta sul cumulo degli altri cadaveri. Il suo corpicino, ora sporco di sangue, finisce lontano dalla sua mamma. Ma che importanza ha?

Adesso finiranno entrambe nei forni crematori e così resteranno per sempre insieme .

 ————————————————————————————

Questo è il mio personale racconto di una storia realmente accaduta.   I dialoghi e i nomi sono inventati ma quella neonata è esistita veramente. I fatti sono andati proprio così.

Questo racconto mi è stato ispirato dallo speciale del Tg1 “I bambini della Shoah” di Roberta Olla, fra i tanti documentari sull’argomento, forse il più toccante che abbia mai visto. Prendetevi un attimo, per favore. Ne vale la pena e mostratelo ai vostri figli più grandi. Per dimenticare.

 ————————————————————————————

Il 27 gennaio è il giorno della Memoria. Questo è il mio contributo per non dimenticare mai quello che è successo perchè non accada mai più, affinchè nessuna razza, nessuna religione, nessuna persona si senta migliore di un’altra.

Questo 70esimo anniversario lo dedico a tutti i bambini che hanno perso la vita nei campi di concentramento, a tutti quei bambini come Paolo che, anche se sopravissuti ,sono rimasti segnati a vita per tutto l’orrore vissuto.

Erano solo dei bambini.

Questa giornata la dedico a tutti quei bambini che alla domanda “Chi vuole rivedere la propria mamma” hanno alzato la mano senza sapere che, così facendo, sarebbero finiti direttamente nelle camere a gas.

Questo anniversario lo dedico a tutti quei bambini che il “dottor” Mengele ha usato come cavie umane per indicibili esperimenti.

Alcuni di quei bambini oggi sono i nostri nonni. Fra qualche anno non ci saranno più superstiti e testimoni diretti dell’Olocausto e il nostro dovere è continuare a ricordare perché questo non accada mai più.

Mai più.

bambini ad auschwitz

Quello che resta dei giochi, dei vestitini dei bambini di Auschwitz. I più piccoli venivano mandati subito nelle camere a gas perchè considerati solo un peso

IMG_4164

Occhiali, protesi, tonnellate di capelli (gli unici che non possono essere fotografati perchè fotosensibili). Al museo di Auschwitz trovate questo e molto altro. L’unica cosa che resta di migliaia di persone passate di qui, molte delle quali avrebbero potuto essere ancora in vita.

 

scarpe auschwitz

Tonnellate di scarpe trovate dai sovietici oggi esposte nel museo di Auschwitz

IMG_4190

Ad Auschwitz passeggini e sedie a rotelle non possono avere accesso poichè si passa attraverso scale molto strette e il terreno è dissestato. Noi ci siamo arrangiati col marsupio. E’ un giro che dura più di 3 ore per cui è necessario fare a turno

camera a gas auschwitz

La camera a gas di Auschwitz. Dentro sempre dei fiori per ricordare i milioni di persone che qui sono state uccise, non prima di essere ingannate: “Andate a fare una bella doccia. Finalmente potete lavarvi”.

forni crematori auschwitz

Dopo essere passati dalla camera a gas, i corpi venivano cremati nei forni crematori. Le ceneri di quei corpi sono ancora lì, ad Auschwitz, “imprigionate” in un piccolo laghetto perennemente grigio

IMG_4273

Filo spinato ad Auschwitz. Al filo era collegata la corrente elettrica

IMG_4286

L’inconfondibile ingresso di Auschwitz-Birkenau

 

le baracche di Auschwitz

Papàrisparmio tra le baracche di Auschwitz

 

LEGGI ANCHE: Se quando apro il rubinetto e l’acqua è calda, io mi ricordo!


Spread the love

One thought on “GIORNO DELLA MEMORIA: STORIA DI UNA NEONATA CHE NON VOLEVA MORIRE”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.