secondo parto

IL MIO SECONDO PARTO, DIFFERENZE DAL PRIMO E COSE IMPARATE

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Questa gravidanza è stata più problematica rispetto alla prima ma il parto è andato decisamente meglio. E non solo perchè “coi secondi si fa prima” – così dicono! – ma perchè io ero più pronta e soprattutto ho capito finalmente come respirare e spingere e già sapevo come affrontare al meglio i problemi del post partum come ragadi ed episiotomia

 

Ecco un attimo per raccontarvi del mio parto, per dirvi quali differenze ho riscontrato tra il primo e il secondo e di come sono riuscita – questa volta – anche grazie a una maggiore esperienza a risolvere gli “acciacchi” legati al post partum come ragadi, infiamazzoni lì sotto e varie ed eventuali.

E’ un post lungo ma che spero aiuti altre neomamme come me (a proposito un vostro like nei bottoni dei social mi farebbe un gran piacere, dato che c’ho messo quasi tre ore a fare questo post…grazie!). Potete saltare i video se preferite però vi consiglio quello sulle spinte e la respirazione.

Sono andata in ospedale con un valigione che sembrava dovessi partire per una settimana: con me avevo già praticamente tutto. E per fortuna, perchè ho usato praticamente tutto già dal primo giorno che mia figlia ha visto la luce: dal cuscino dell’allattamento (che al link trovate scontato nel modello della Chicco, il famoso Boppy!) alla ciambella ortopedica che continuo a utilizzare in questi giorni a casa, a due settimane dal parto anche se la situazione è decisamente migliorata. Se non ce l’avete fatevela prestare oppure comperatela, vi assicuro che il vostro perineo – soprattutto  come nel mio caso – vi rigrazierà! Io ho un modello tipo quello azzurro sotto ma se il vostro problema coinvolgerà anche la parte dietro (leggete pure emorroidi, presenti nel 99% dei casi) valutate anche l’altro tipo con sistema di raffreddamento. Quando uno sta male, non guarda certamente a quelle 10 -20 euro in più…

Ma torniamo al mio parto.

Chi mi segue sa che ho avuto ua gravidanza abbastanza travagliata, poichè a 29 settimane mi hanno trovato i l collo dell’utero raccorciato che mi ha costretto a un riposo forzato fino all 36esima settimana. Riposo in gravidanza significa, spesso e volentieri, stare a letto tutto il giorno senza potersi mai alzare se non per andare in bagno. E’ una situazione pesante ma ovviamente non si ha scelta poichè l’alternativa potrebbe essere quella di partorire prematuramente: un bimbo prematuro, costretto alla terapia intensiva neonatale, per una mamma è un incubo che diventa realtà. A tale scopo a 30 settimane ho ricevuto due iniezioni di cortisone per far sviluppare più rapidamente i polmoni della piccola. Inoltre ho dovuto assumere altro cortisone e degli antibiotici successivamente per sconfiggere una brutta tosse stizzosa che non andava assolutamente d’accordo con il mio collo dell’utero. La tosse infatti contribuisce a raccoriciare il collo in taluni casi, soprattutto quando lo sforzo nel tossire è notevole, come lo era nel mio caso. Fortunatamente non si era mai evidenziato fuenneling ovvero quando parte del sacco amniotico viene “risucchiato” nel collo dell’utero in corrispondenza di un colpo di tosse (per vederlo vi fanno un’ecografia transvaginale e vi fanno tossire).

Bene fatte queste premesse che mi hanno fatto vivere fino alle 36 settimane col terrore di partorire prima del tempo, ecco che finalmente arrivo alle 40 settimane, stremata come tutte le donne in attesa che sperano di chiudere la partita intorno alla 39esima settimana (che il bimbo è anche un filo più piccolo e magari è più facile da farlo passare da lì).

Il racconto del mio parto

Completate le 40 settimane sabato 17 dicembre, proseguo con le visite a termine che in Mangiagalli si fanno a partire dalla 38esima settimana (la prima l’avevo fatta il 5 dicembre). Premetto che in Mangiagalli l’induzione si fa al raggiungimento delle 41 settimane, dunque la mia induzione era fissata per il sabato successivo: il giorno della vigilia di Natale.

Il lunedì, a 40+2, però non sento muovere molto la bambina – non tanto quanto gli altri giorni almeno – una situazione che mi angoscia non poco dato che gli ultimi giorni di gravidanza sono delicatissimi. So che i bimbi hanno meno spazio e dunque i loro movimenti vengono percepiti di meno ma la mia principale preoccupazione è la morte perinatale.

Come per la prima gravidanza, anche questa volta, mi era stata prospettata l’induzione ma io ero decisa a provare un travaglio naturale, che partisse da solo.

Si dice che la natura sia perfetta ma ahimè non sempre è così!

Purtroppo la morte del bambino quando la gravidanza è ormai a termine non è un evento così raro. Non voglio spaventare nessuno ma le precauzioni non sono mai troppe. Pensate al recentissimo caso della povera mamma di Melegnano che ha perso il suo bambino per incuria dei medici. E quando la colpa non è dei medici, purtroppo, è anche il caso a metterci lo zampino.

Mia suocera ha perso una bambina a nove mesi: era andata in ospedale quando la gravidanza era ormai a termine. “Torni fra 4 giorni signora” le avevano detto. All’appuntamento successivo non c’era più il battito. La moglie del calciatore Luca Toni si era recata in ospedale per fare il cesareo programmato e stessa sentenza anche per lei: niente battito! E poi l’amica blogger Silvia che ha raccontato in questo toccante post la sua storia e della sua piccola Camilla, altra vittima della morte perinatale. 

LEGGI ANCHE: Morte perinatale, si può prevedere e perchè accade?

Anche una mia compagna delle superiori ha perso il suo bambino a nove mesi; mia cugina Rita, che vive in Brasile, ha visto la sua secondogenita morire dopo 4 giorni della sua nascita per colpa di un paio di giri di cordone attorno al collo che le hanno provocato una grave asfissia. Purtroppo i danni subiti erano troppo importanti e la bimba non ce l’ha fatta.

I giri di cordone attorno al collo – mi hanno spiegato – non posso essere visti con una normale ecografia. Si vede il flusso del sangue ma non esattamente dove si trovi il cordone, hanno detto alla mia domanda: “Ma non potete vedere prima se il cordone ombelicale si trova attorno al collo del bambino?”

Insomma, non solo storie viste in tv ma che mi hanno toccata da vicino per ovvie ragioni.

Con queste premesse, capirete che quando mi sono recata a fare la visita di controllo per gravidanza a termine, riportando che non avevo sentito bene la bimba come gli altri giorni, e mi hanno prospettato l’induzione, non ho avuto dubbi: e induzione sia, di nuovo! Tanto mancavano solo 4 giorni all’induzione programmata.

L’ostetrica dell’ambulatorio mi fece uno scollamento delle membrane molto blando, quasi non percepito.

La mattina avevo fatto un paio di chilometri a piedi, fatto l’amore con mio marito, le scale…insomma tutte quelle cose che si fanno nella speranza che il travaglio parta da solo.

Dall’ambulatorio fui poi inviata al pronto soccorso per l’accettazione e il ricovero, dove la dottoressa di turno mi fece uno scollamento davvero energico questa volta, provocandomi dolore.

“Perchè mi fa lo scollomento se tanto fra massimo un paio d’ore mi devono indurre?” le ho chiesto.

“Dopo lo scollamento, il travaglio può partire tra un’ora come tra 48 ore, questo non possiamo saperlo!”.

Saranno state le 17 del pomeriggio ormai.

Premetto che con Flor, la mia prima bimba, lo scollamento non aveva provocato effetti se non quello di un gran mal di pancia e saguinamento. Ma è pur vero che ero a 38 settimane e anche lì, come in questo caso, avevo già un po’ di dilatazione (2-3 cm e il collo ormai appianato).

problemi durante il parto

Poche ore dopo sarei diventata mamma!

Ebbene, sapete che c’è? Dopo un’oretta ho cominciato a sentire le prime contrazioni: dapprima ogni 10 minuti poi sempre più ravvicinate e intense. Il dolore si faceva sempre più forte, le contrazioni più lunghe. Mio marito le osservava attraverso l’apparecchio del monitoraggio che a sinistra, di norma, indica il battito cardiaco del bambino che deve oscillare tra i 120 e i 140 battiti (mai stabile ma varia su e giù…poi durante il travaglio vedrete superare in difetto e in eccesso questa forchetta tra i 120 e i 140) e a destra l’intensità delle contrazioni (molto dipende anche da quanto bene sono posizionate le sonde, ma ricordo che le più intense facevano salire il valore anche a 60…poi a un certo punto, capirete, ho smesso di guardare e magari sono salite anche oltre).

In ogni caso quando arriva una contrazione ve ne accorgerete perchè vedrete un picco nello scorrere del tracciato. Le contrazioni “buone” ovvero utili alla dilatazione devono essere dolorose e almeno ogni 5 minuti.

In questo video qui sotto, confezionato quando avevo ancora partorito solo la mia prima figlia, ho provato a spiegare le sensazioni e il dolore che si percepisce durante il travaglio e la fase espulsiva, CON l’epidurale (ovviamente mi riferisco ai momenti in cui l’epidurale va scomparendo e il dolore viene percepito).

Ma torniamo ancora una volta al mio parto, entrando finalmente nel vivo del racconto.

Dal pronto soccorso sono stata trasferita nelle stanze limitrofe alle sale parto ovvero nelle stanze preposte ad affontare la prima parte del travaglio, dove possono stare solo i papà. Sono stanze da due e sono capitata in camera con una simpatica ragazza di Pozzuoli, anche lei ricoverata inaspettamente assieme a me a causa dei pochi movimenti fetali.

In Mangiagalli tendono a essere interventisti appena qualcosa sembra non girare per il verso giusto, un dettaglio che mi ha fatto preferire da sempre questa struttura per la nascita delle mie figlie (oltre al fatto di avere uno dei migliori reparti di terapia intensiva neonatale, tin).

Il giorno seguente ho poi scoperto che la mia vicina era finita in cesareo. Il travaglio vero e proprio era partito alla seconda applicazione di gel ma poi, dopo l’epidurale, la sua bambina aveva cominciato a perdere i battiti. Da lì la decisione di procedere con il cesareo d’urgenza.

Quando poi i dolori si sono fatti più intensi ho cominciato a chiedere a gran voce l’epidurale, consapevole del fatto che prima dell’arrivo dell’anestesista sarebbe passato un po’ di tempo perchè sempre in altre faccende affacendato. Temevo anche di superare una certa dilatazione; dopo i 6-7 cm infatti i ginecologi e le ostetriche cominciano a dirti: “Ma signora, ormai cosa vuole fare l’epidurale, non ne vale più la pena…tra mezzora è nata!”.

In effetti l’epidurale rallenta il tutto. Senti meno dolore e anche meno le contrazioni; se percepisci meno le contrazioni non capisci nemmeno bene quando spingere. Per questo, soprattutto nella fase espulsiva, meglio andarci piano con l’anestesia (lo dico da chi nel primo parto l’ha fatta anche in quella fase – in totale ho fatto tre dosi – e ha dovuto spingere per due ore e mezza prima di vedere la bambina…sono collegate le due cose? Forse sì, forse no ma so che con la seconda bambina ho dovuto spingere “appena” una trentina di minuti).

“Aspettiamo che si liberi un box signora  e poi possiamo procedere con l’anestesia” mi è stato detto. Dunque dovevo aspettare che un’altra mamma finisse di partorire. Pensare che ero convinta che tutte le sale parto fossero libere perchè non sentivo nessuna donna urlare. “E’ che hanno fatto tutte l’epidurale stasera” mi hanno confermato poi le ostetriche.

Della mia precedente esperienza infatti ricordavo una moltitudine di urla di donne indemoniate che mi avevano spaventato a morte e fatto immediatamente optare per l’epidurale.

Ecco che finalmente arriva la notizia che il box si è liberato. Tocca a me entrare in sala parto, il gioco si fa (ancora) più duro ragazze: adesso si fa sul serio. Tra poche ore vedrò la mia bambina!

Intanto i dolori si erano fatti intensi.

C’è chi preferisce camminare, chi stare in piedi, chi appendersi al marito, chi invece come me le contrazioni preferisce viverle da sdraiata. Accidenti, sono proprio pigra anche in queste occasioni! Ma è così che sono riuscita a gestire meglio la respirazione.

Consigli per spingere durante il parto

La respirazione, ragazze, è fondamentale. Per fortuna, proprio poco prima che le contrazioni si facessero troppo intense avevo sentito lA moglie di mio padre che mi aveva consigliato di fare dei bei respironi lunghi, dal naso, e molto molto profondi, profondissimi!

Già la prima volta la respirazione mi aveva aiutato a gestire bene il dolore ma avevo respirato con la bocca e non avevo allungato così tanto il respiro. Questa volta invece ho inspirato col naso e poi buttato fuori sempre col naso, cercando di “tenere” il respiro il più a lungo possibile. Guardate il video qui sotto per una dimostrazione pratica, dove inoltre vi parlo anche della tecnica che ho usato per spingere.

In questo secondo parto, infatti, ho capito che la prima volta avevo completamente sbagliato a spingere perchè nessuna ostetrica mi aveva consigliato quale fosse il modo migliore.

Questa seconda volta, invece, ho avuto la fortuna di incappare in Fabio! Sì avete capito bene, un ostetrico uomo. Pensate che su 120 ostetriche che lavorano in Mangiagalli solo due sono uomini (e no! Non indossano l’uniforme lilla come le altre ma verde). Fabio di Trapani è stata la mia salvezza perchè da uomo, senza figli, è riuscito a spiegarmi bene come spingere. Pensate che grazie lui – che finito il tutto mi ha spinto le emorroidi di nuovo dentro – non ho nemmeno sofferto di emorroidi questa volta (evento davvero raro dopo tanto spingere!).

Purtroppo ho dovuto subire l’episiotomia a causa della cicatrice profonda che ancora avevo dalla scorsa volta, quando mi venne recisa una varice e persi un litro di sangue. Il rischio di lacerarmi da sola era molto elevato dunque Fabio, a un certo punto, mi ha detto “purtroppo un piccolo taglietto glielo devo fare con questa cicatrice che ha qui sotto…”.

Ci credete che a distanza di due settimane sono già quasi guarita completamente? Merito di come ha tagliato o di come la ginecologa di turno ha poi cucito? Non lo so, sta di fatto che prima di incidere mi ha fatto una puntura sul sedere che quasi non ho sentito perchè, come immaginerete, poi a un certo punto lì sotto non capisci più nulla poichè sono talmente tante le stimolazioni e le sensazioni dolorose che si perde un po’ di sensibilità.

Epidurale un po’ dolorosa ma pur sempre santa!

L’unico tasto dolente è stata proprio l’epidurale perchè l’antestesista di turno, una donna bionda di mezza età, non è riuscita a beccare subito il punto dove entrare. Mi ha bucata almeno cinque volte, spingendo poi il lungo ago contro la colonna alla ricerca della fessura dove farlo passare. Un paio di volte mi ha preso qualche nervo: sensazione orribile e dolorosa. Lei diceva che la mia colonna era tutta ossificata, come una donna anziana. Mah…o forse era lei che era poco concentrata? Sta di fatto che appena ha smesso di parlare dei turni di Natale, di lamentarsi di come fossero stati fatti male ecc. guarda caso, è riuscita nell’impresa di beccare il punto giusto (cosa accaduta al primo tentativo nel precedente parto).

“Avrà un po’ di mal di schiena signora” mi ha detto congedandosi. E così è stato.

A parte questo imprevisto, l‘epidurale mi ha salvata perchè mi ha permesso di arrivare alle spinte con la giusta energia e non esausta!

A un certo punto Fabio e un’altra ostetrica mi hanno visitata e hanno deciso di rompermi il sacco. Non ho sentito quasi niente, nemmeno quando mi infilavano le dita dentro proprio perchè l’epidurale (che questa volta mi ha provocato tremore e formicolio alle gambe, cosa che non ricordavo delle precedente volta) mi aveva anestizzato tutta la parte inferiore del corpo.

Quando l’epidurale ha fatto effetto non ho più sentito dolore. Niente più e ho cominciato a chiacchierare con Fabio e con mio marito. Ormai si era già fatta mezzanotte, la stanchezza c’era ma l’adrenalina in quei momenti ti tiene sveglia.

Ecco che finalmente a un certo punto ero dilatata completamente ma c’eraun però: la bambina non era ancora scesa abbastanza nel canale del parto. Fabio allora ha alzato una di quelle staffe dove si poggiano le gambe quando arriva il momento di spingere e m hai fatto mettere sul fianco sinistro con la gamba destra alzata. Dopo 10 minuti è tornato e mi ha chiesto: “Come va?”. Io dico “bene”…e lui mi ribatte “Eh, non va bene se va bene…dovrebbe dirmi male, perchè dovrebbe sentire voglia di spingere e un po’ di dolore!”.

E allora mi ha fatto girare sul fianco destro questa volta, gamba sinistra in alto. “Queste posizioni – mi spiega – aiutano i bimbi a incanalarsi”.

E infatti tempo 5 minuti, lo faccio chiamare e dico che ho male e voglia di spingere. L’effetto dell’epidurale è praticamente finito: sento le contrazioni nuovamente e anche voglia di spingere. Ok ci siamo!

Chiedo ancora l’epidurale perchè il dolore mi spaventa. Allora Fabio mi dice: “Se fa ancora l’epidurale ci vorranno almeno due ore al parto, altrimenti se resiste in 30 minuti avrà sua figlia tra le braccia, cosa vuole?”.

Io senza pensarci, rispondo epidurale!

Intanto però devo spingere comincio a farlo.

Gomiti alzati, sedere in avanti, spinte lunghe solo quando arriva la contrazione, piegata in avanti come se dovessi spremere un tubetto di dentifricio. Quando mi piego in avanti, mio marito dice di vedere la forma della bambina attraverso la pancia; praticamente la strizzo e piegandomi in avanti la aiuto ad avanzare. Sento dolore ma non so quanto durerà… “E se dovessero passare ancora due ore e mezza prima di vederla come l’ultima volta? –  penso tra me e me – No, non ce la posso fare…Fabio fa maleee! Voglio l’epidurale”, urlooo!

Differenze tra il primo e il secondo parto

Nel frattempo arriva il ginecologo, dà un’occhiata alla mia patata da lontano ed esclama: “Ecco i capelli! Sono come i suoi” e indica mio marito. Il fatto che si veda la testolina mi rincuora. Fortuna che le contrazioni mi danno tregua nel mezzo. Sento bruciore lì sotto ma non tanto quanto l’ultima volta. Col secondo parto forse le pareti sono un filo più elastiche e la mia bimba, questa volta, è un po’ più piccola grazie al cielo.

Io spingo e spingo ancora. Qualche volta mentre spingo urlo, cosa che non avevo fatto l’altra volta. Ma non è un urlo di dolore è più che altro un urlo per darmi la carica. Ho capito perchè alcune donne vocalizzano quando spingono. Perchè è fondamentale non andare in apnea quando si spinge.

L’apnea blocca tutto, quando invece le pareti vaginali e del perineo devono essere il più rilassate e “morbide” possibile. Una parola direte voi…eh!

Ma fate questo esercizio a casa, se dovete partorire.

Quando andate in bagno provate ad assecondare le contrazioni intestinali, rilassatevi e spingete non andando in apnea ma respirando. Vedrete la differenza. Io ho usato questa tecnica subito dopo il parto quando andare in bagno è una delle cose più difficili da fare perchè hai voglia di tutto fuorchè rimetterti a spingere (soprattutto se hai dei punti freschi dell’episiotomia).

“Signora immagini che quello sia una portone, attraverso il quale dovrà passare la sua bambina: più è stretta la porta, più fatica farà a passare!” mi diceva Fabio per incitarmi a tenere le gambe ben aperte per far aprire al massimo la mia patata.

Perdere feci durante la fase espulsiva

Ho perso anche delle feci mentre spingevo  (nonostante fossi andata in bagno due volte poco prima)  ma non me ne sono curata; questa cosa che non mi era successa la prima volta (e secondo me proprio perchè non avevo spinto nel giusto modo). Vi assicuro che in quei momenti è l’ultimo dei vostri pensieri e anche l’ostetrica/o è abituato alla visione di feci durante le spinte. Man mano Fabio mi puliva con una salvietta senza curarsene. So che questa cosa può imbarazzare se pensata prima del grande evento ma non crucciatevi: sarete troppo concentrate e sofferenti per pensare anche a questo aspetto.

Mentre spingevo è arrivata una signora che (forse) mi ha fatto una nuova dose di anestesia, iniettandomi qualcosa nella boccetta vicino alla spalla, collegata al tubicino che fuoriusciva dalla schiena. Mio marito dice che hanno fatto finta di farmela perchè ormai c’ero e non aveva senso…questo non lo saprò mai! So solo che dopo due minuti nemmeno Fabio mi ha fatto il famoso taglietto e un secondo dopo è schizzata fuori mia figlia.

racconti di parto

Stremata ma felice. Qui era nata da una ventina di minuti…

Bella, bellissima. Sentire il suo pianto mi ha rincuorato immeditamente. Segno che respirava e stava bene. Poi ancora sporca di vernice caseosa mi è stata messa sul petto. Mio marito è riuscito pure a fare un breve video che conservo gelosamente. A differenza di 4 anni fa infatti non è più possibile scattare foto e video all’interno della sala parto della Mangiagalli (peccato!) e i neonati non vengono più lavati ma dati subito alla mamma per promuovere il contatto pelle a pelle.

E’ stato un bel parto anche se la bambina è uscita col musino verso l’alto, cosa che può implicare qualche rischio (soprattutto quello di taglio cesareo) e aveva un giro di cordone intorno al collo. Ma ce l’abbiamo fatta.

Dicono che col secondo si faccia più veloce (il parto mentre la durata della gravidanza come sempre è soggettiva) e in effetti, secondo la mia esperienza, non posso che confermare.

Pensavo che avrei pianto per la nascita della mia seconda figlia, consapevole dell’immenso amore da accudire e custodire che mi aspettava. Invece no. Ma non significa nulla.

Una grandissima emozione davvero per niente scalfita dal fatto che mentre la tenevo tra la braccia per la prima volta, lì sotto c’era una dottoressa che un paio di volte mi ha ricordato “Signora si ricordi che ho un ago in mano!”. Io infatti già mi dondolavo dolcemente per cullare la mia piccola, dimenticandomi di tutto il resto.

I papà presenti al secondo parto

Anche per mio marito è stato tutto più semplice. Meno sangue da vedere, più consapevolezza di ciò che sarebbe stato e, anche lui, come me questa volta si sentiva più pronto a diventare papà.

Mio marito è più giovane di me: ha 33 anni e ha già due figlie meravigliose. Io il primo figlio l’ho avuto  34 anni e mi sentivo invece ancora una ragazzina e ho vissuto con qualche difficoltà le tante privazioni legate alla nascita di un figlio.

Il rientro a casa dopo la seconda gravidanza

Anche il rientro a casa e il recupero è stato molto più semplice e veloce!

  • Emorroidi dopo il parto

Come vi dicevo ho avuto la fortuna di avere come ostetrico Fabio che mi ha rimesso dentro le emorroidi (la scorsa volta invece quando andavo in bagno mi usciva addiritturail  sangue, anche da lì! E che male…per alleviare il dolore usavo Preparazione H e Macrogol, un preparato per ammorbidire le feci – sentite comunque il vostro medico prima di assumere qualsiasi cosa per valutare il rapporto beneficio/rischio, soprattutto se allattate al seno). Questa volta mi sono bastate due/tre perette da usare all’occorrenza per evitare di spingere troppo, più che altro per i punti dell’episiotomia, che temevo potessero aprirsi.

  • Guarire dall’episiotomia

L’episiotomia, la scorsa volta, mi aveva fatto desiderare un parto cesareo. Per un mese e forse più avevo sofferto le pene dell’inferno lì sotto: tutto era gonfio, tirava, i peli che ricrescevano pungevano, le perdite di sangue maceravano, il caldo e il sudore di fine giugno facevano il resto.

Questa volta a due settimane dal parto già non ho più fastidi e l’unico”problema” rimangono le irritazioni legate alle lochiazioni e l’uso prolungato degli assorbenti. Attenzione a quest’ultimi. Per la prima settimana, quando i punti sono freschissimi e le perdite abbondanti, consiglio gli assorbenti post partum della Prestiril: grandi, in puro cotone morbido, di qualità, molto delicati. La seconda settimana ho continuato con gli assorbenti post partum della Chicco anche se ormai le perdite erano meno abbondanti e un assorbente tanto grande può sembrare eccessivo.

Ma calcolcate che le perdite post partum sono strane: a volte sembrano siano finite e poi riprendono più abbondanti. Per la terza settimana sono passata ai Lines Seta Ultra, quelli viola con le ali, soprattutto perchè ero stanca si avere un materasso tra le gambe e perchè questo modelli ha un sistema odor-control dato che le perdite, sul finire, non è che profumino di rose fresche…poi però tendono a irritare e ora sto per passare ai salvaslip grandi.


Sistemato il problema delle perdite, passiamo ora a quello dell’episiotomia. Oltre alla ciambella che vi ho suggerito all’inizio, che permette di non sedersi sull’ematoma (perchè sarete belle gonfie lì sotto, dal lato dove vi hanno tagliato!), è importante lavarsi tante volte al giorno  e tenere la parte pulita per evitare infezioni. I primi dieci giorni ho preferito optare per delle docce (in ospedale usavo anche delle salviettine umidifcate), puntando il getto dell’acqua lì sotto; questo per evitare di dover allargare le gambe e tendere i punti. E’ importante cercare di tenere le parti intime più asciutte possibile. Per questo dopo che vi siete lavate, asciugate bene la parte. Io mi sdraiavo sul letto e con un giornale mi facevo aria per un po’ di sollievo. Adesso che i punti cominciano a tirare un po’, uso Microlene spray, una lozione naturale a base di erbe, calmante e lenitiva. Anche questa, non lasciatela bagnata ma fate aria perchè asciughi più rapidamente. E poi tanta, tanta pazienza…altro non serve.

Se sentite tanto, troppo cattivo odore o molto male meglio farsi dare un occhio perchè qualche punto potrebbe aver fatto infezione. A me era successo la volta precedente, quando i punti erano davvero tantissimi: interni ed esterni. Ricordo ancora quando una volta ebbi la sensazione di qualcosa che mi usciva dalla vagina: ebbene erano i punti, un gomitolo di punti che non si erano assorbiti/sciolti e che il mio corpo aveva rigettato fuori. Un secondo parto quasi!

Spero che questa volta non mi ricapiti. Intanto a due settimane dal parto, i punti sono ancora lì ma l’ematoma si è già completamente riassorbito.

  • Ragadi al seno

Questo è un altro problema grosso perchè può compromettere definitivamente l’allattamento al seno. Molte mamme desistono dall’allattare perchè sentono troppo male. Io le ragadi al seno le ho avute e ancora ho qualche piccolo sopportabile fastidio. I miei capezzoli sono tutti segnati: rosa al centro e più scuri esternamente perchè ho perso tutta la pelle davanti. Ma non poteva essere altrimenti. Ho il “problema” dei capezzoli grandi e quindi, per me, è stato impossibile eseguire un attaccamento corretto, che comprendesse anche parte dell’areola (già tanto se con la sua boccuccia riusciva a prendere tutto il capezzolo!). Ho stretto i denti e nel giro di una settimana sono riuscita a risolvere il problema delle ragadi al seno. Come? 

  • Con i paracapezzoli d’argento che metto per isolare il capezzolo dagli indumenti quando esco

  • A casa, anche se inverno, sto il più possibile col seno all’aria. I capezzoli devono stare all’aperto, non sfregare contro nulla e prendere aria, così che le ferite si secchino quanto prima (io avevo proprio delle crosticine col sangue),
  • Quando la bimba si attaccava, piccoli urletti per sopportare il dolore. E’ una cavolata, lo so…ma aiuta a suo modo!
  • Crema Rilastil Lipogel, davvero miracolosa. Avevo mandato mio marito in farmacia per prendere l’olio Galattoil di cui avevo letto bene nei forum per combattere le ragadi, ma purtroppo (o per fortuna) non c’era. Così la farmacista gli ha dato questo prodotto, dicendo che era persino migliore. Non saprò mai se lo ha detto per venderglielo; so solo che io avevo bisogno di qualcosa che mi aiutasse a guarire dalle ragadi e questo ha fatto egregiamente il suo lavoro. Da applicare sempre! Cioè tenete le tette al vento  e applicate sopra il gel e toglietelo solo per allattare! Funziona.

 

  • Morsi uterini e male all’addome

Sul male agli addominali dopo il parto, c’è poco da fare! Se per nove mesi non avete usato mezzo addominale e nell’ultimo mese non riuscivate più ad alzarvi dal divano senza l’aiuto di vostro marito, sappiate che li userete tutti, improvvisamente, all’ennesima potenza, il giorno del parto. Ci vuole tempo ma la prima settimana, la sensazione sarà quella di un carroarmato che vi è passato sopra.

I morsi uterini invece sono stati una sorpresa perchè con la prima gravidanza non li avevo percepiti. Dal secondo figlio in poi, le contrazioni si sentono eccome, soprattutto quando attacchi il bambino al seno. Colpa della produzione di ossitocina. Mi hanno aiuato gli antidolorifici che mi davano in ospedale. Una volta a casa ho preso della Tachipirina 1000 per sopportare il dolore legato all’ematoma, i punti e le contrazioni dell’utero. Quest’ultime sono più forti perchè, col secondo figlio, l’utero deve tornare nella forma originaria più in fretta per evitare eventuali emorragie. Sono molto dolorose e somigliano a dolori mestruali fortissimi.

E con questo è veramente tutto. Non mi resta che farvi tanti auguri per la vostra avventura.

secondo parto

 


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2 thoughts on “IL MIO SECONDO PARTO, DIFFERENZE DAL PRIMO E COSE IMPARATE”

  1. Ti è successo davvero di tutto mamma mia.. sono a 39+0 della seconda gravidanza e mi hai terrorizzata soprattutto per la questione della morte perinatale. Col primo anche io parto naturale ma senza epidurale e soprattutto senza punti e senza emorroidi. Tutto normale subito dopo l’espulsione insomma. La vita sessuale ci ha messo un po’ per tornare come prima a causa di ematomi interni come conseguenza post-partum. Spero che anche questa si risolva nel migliore dei modi anche se ad oggi sto soffrendo un po’ con le emorroidi.

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